LO STUDIO DELL'UOMO CONDUCE VERSO IL PROGRESSO
Ne “La montagna incantata”, fin
dal primo capitolo, possiamo osservare l’interesse dell’Autore per l’aspetto fisico
dei personaggi, che mette in luce la loro buona o cattiva salute. Ne è un
esempio la descrizione del dottor Krokowski “straordinariamente pallido, di un
pallore diafano, persino fosforescente…Con un sorriso cordiale che gli scoprì
tra baffi e barba i denti giallastri…” ma anche le domande del protagonista
Castorp, che chiede “Perché zoppica così?” osservando zoppicare il portiere del
Sanatorio Internazionale Berghof. Quest’ansia di ricerca, di osservazione, di
analisi di ogni particolare che può portare alla diagnosi dello stato di salute
di un individuo ha da sempre condotto la medicina verso il progresso. Il dottor
Krokowski non appena sa che Castorp è un uomo perfettamente sano e che non ha
bisogno di nessuna cura né fisica né psichica, esprime immediatamente il suo
desiderio di studiarlo: l’uomo è al centro di tutto. Soltanto lo studio attento
del corpo e della psiche dell’uomo può portare a nuove scoperte, a nuove cure,
a nuovi medicinali, a nuove tecnologie.
La medicina nell’antichità.
Questo studio è stato compiuto
fin dall’antichità. La cosiddetta scienza alessandrina (fiorita a partire dalla fine del IV secolo a.C. fin verso il
200 d.C.) produce notevoli progressi nel campo medico: si rende per la prima
volta possibile una ricerca medica non direttamente finalizzata alla cura, e
ciò permette rapidi avanzamenti in anatomia
e fisiologia. In realtà i medici
alessandrini hanno l’eccezionale possibilità di fare esperienze uniche, mai
eseguite sino ad allora. In particolare possono operare numerose dissezioni di
cadaveri, messi a loro disposizione dai Tolomei. In Egitto, infatti, in cui è
pratica comune l’imbalsamazione dei cadaveri, non vigono i pregiudizi di ordine
religioso che, sia in Grecia sia a Roma, impongono il rispetto dell’integrità
fisica dei defunti. Queste esperienze anatomiche degli Alessandrini costituiranno
un “unicum” sino all’epoca moderna (XVI secolo), perché i cristiani torneranno
a considerare con orrore la possibilità di un esame interno del corpo umano. Ciononostante,
i progressi in campo anatomico sono solo parziali: non si riesce a individuare
la specificità del sistema nervoso, al cui interno si continua a supporre che
avvenga il passaggio del pneuma.
La fisiologia si avvale dei principi del meccanicismo materialistico,
sia spiegando il sistema muscolare sulla base delle nozioni di spinta e
attrazione, sia spiegando la circolazione dei fluidi (sangue, pneuma) sulla
base del principio dell’horror vacui, secondo cui la natura
tende in ogni caso a riempire gli spazi vuoti. Si riesce inoltre a risolvere l’antica
questione che contrapponeva gli encefalocentristi,
sostenitori della localizzazione nel cervello della attività mentali, ai cardiocentristi, tendenti ad
individuare nel cuore l’organo centrale del corpo. L’anatomista Erofilo di Calcedonia (335-280 a.C.),
attivo ad Alessandria nella prima metà del III secolo a.C., risolve il problema
scoprendo la connessione tra cervello e sistema nervoso periferico.
La conquista di un sia pur embrionale
sapere anatomico permette un salto di qualità nella teoria medica. Sino ad
allora la medicina è stata quasi esclusivamente una pratica che oggi definiremmo
clinica:
il medico ippocratico lavora a stretto contatto con il paziente e la sua
capacità di interpretarne i sintomi è esclusivamente basata sull’esperienza di
casi analoghi conosciuti direttamente o attraverso la testimonianza di altri
medici. Ora, invece, è disponibile un quadro teorico che per la prima volta
permette di spiegare i processi che determinano le patologie. A sua volta, la
comprensione di questi processi dinamici e interni al corpo presuppone una formazione intellettuale completa, sia
scientifica sia filosofica. Contro questo indirizzo di studi reagiscono i
cosiddetti “medici empirici”, che
sostengono l’inutilità pratica di questa ricerca teorica e la necessità che il
medico si basi sull’esperienza di casi concreti più che su incerte indagini
fisiologiche. Il più celebre rappresentante di questo indirizzo è il medico e
filosofo Sesto Empirico.
CLAUDIO GALENO |
Nel II secolo d.C. la medicina
antica raggiunge il massimo vertice con Claudio Galeno (129-200 d.C) medico personale di Marco Aurelio. Egli continua la ricerca anatomica inaugurata dagli
Alessandrini: non avendo a disposizione cadaveri da anatomizzare, decide di
sezionare animali (scimmie, in particolare, per la somiglianza del loro corpo
con il corpo umano). Più che le numerose scoperte, va sottolineato lo sforzo
compito da Galeno per qualificare dal punto di vista filosofico la scienza
medica. La medicina, infatti, prevede competenze
logiche, per poter svolgere il ragionamento che porta alla diagnosi, e competenze umanistiche, per poter
interpretare correttamente fenomeni patologici in cui fisicità e spiritualità
sono strettamente connesse. Galeno porta in medicina la tripartizione dell’anima operata da Platone: l’anima razionale coincide con il cervello, collegata al
resto del corpo tramite il pneuma psichico circolante nel sistema nervoso
e arterioso; l’anima emozionale ha sede nel cuore, cui fa capo il sistema
circolatorio del pneuma vitale; infine, l’anima concupiscibile
ha sede nel fegato, la cui funzione, secondo Galeno, è quella di fornire
nutrimento all’organismo attraverso la produzione del sangue, che gli antichi
pensavano si formasse per raffinazione del cibo. Inoltre, per Galeno, ogni
organo è strutturato in funzione del suo compito specifico ed è quindi dotato
della facoltà naturale di svolgere determinate operazioni.
La medicina nel Medioevo.
Dopo Galeno ci furono una
moltitudine di medici che operarono nell'impero d'Occidente ma soprattutto in
quello d'Oriente, con conseguente passaggio del sapere dall'Occidente
all'Oriente. Col trasferimento del potere a Bisanzio, ci fu anche il
trasferimento della cultura medica. In questa città vi furono medici famosi, tra
i quali Paolo di Egina, che non
fecero altro che ripetere quanto detto da Galeno e seguaci. Mentre nell'Oriente
si sviluppò una società avanzatissima, basata soprattutto sul patrimonio
antico, classico, in Occidente questo fu il periodo dell'oscurantismo e si ritornò
alla medicina teurgica: siamo in
pieno Medioevo.
Il Medioevo è anche l’epoca della
nascita dei Monasteri, i centri culturali per eccellenza del periodo: sono i
monaci ad aver salvaguardato la cultura. Essi si occupano anche di medicina, coltivando
l'Orto dei Semplici, (Hortus simplicium), luogo destinato alla
coltivazione e allo studio delle piante medicinali. «Semplici» venivano
chiamati, nella terminologia medievale, i principi curativi che venivano
ottenuti direttamente dalla natura, mentre «Compositi» erano i farmaci ottenuti
miscelando e trattando sostanze diverse. I farmaci venivano sottoposti a vari
trattamenti (essicazione, macerazione, ecc.) nel laboratorio, chiamato, con
termine latino, officina. Per ciò le
piante medicinali vengono chiamate ancor oggi anche «piante officinali».
ORTO DEI SEMPLICI |
Nella pianta dell’abbazia di San Gallo, che è
rappresentativa della comunità monastica ideale, espressione di un sistema
produttivo basato sull’autosufficienza, possiamo individuare, nell'angolo in alto a destra, l’Hortus simplicium affiancato dalla “casa
dei medici”.
Nel Basso Medioevo un’importante
personalità, per quanto riguarda la medicina, è costituita da Guido da Vigevano, medico e ingegnere italiano
vissuto tra il XIII e il XIV secolo. Egli utilizzava immagini per illustrare descrizioni
anatomiche, mettendo in relazione gli studi anatomici con le illustrazioni
artistiche. Nel suo libro “Anathomia”
sono rappresentate sei tavole raffiguranti, per la prima volta, la dissezione
della scatola cranica, con strutture e tecniche di neuroanatomia. Nella superficie del cervello raffigurato in una tavola
si possono individuare le circonvoluzioni cerebrali e i ventricoli cerebrali.
Viene così effettuato il primo studio delle strutture neuroanatomiche accompagnate
da illustrazioni semplici e schematiche, che consentono a tutti di comprenderle
nonostante la loro complessità. Le sei tavole rappresentano la testa, il
cervello e la colonna vertebrale. Egli scrisse poi “Anathomia designata per figures”, un libro che includeva 24 tavole anatomiche.
Le tavole costituiscono le primi immagini e descrizioni neuroanatomiche nella storia
delle neuroscienze.
ALCUNE ILLUSTRAZIONI NEUROANATOMICHE
DI GUIDO DA VIGEVANO
Nessun commento:
Posta un commento