mercoledì 10 aprile 2013

LO STUDIO DELL'UOMO CONDUCE VERSO IL PROGRESSO

Ne “La montagna incantata”, fin dal primo capitolo, possiamo osservare l’interesse dell’Autore per l’aspetto fisico dei personaggi, che mette in luce la loro buona o cattiva salute. Ne è un esempio la descrizione del dottor Krokowski “straordinariamente pallido, di un pallore diafano, persino fosforescente…Con un sorriso cordiale che gli scoprì tra baffi e barba i denti giallastri…” ma anche le domande del protagonista Castorp, che chiede “Perché zoppica così?” osservando zoppicare il portiere del Sanatorio Internazionale Berghof. Quest’ansia di ricerca, di osservazione, di analisi di ogni particolare che può portare alla diagnosi dello stato di salute di un individuo ha da sempre condotto la medicina verso il progresso. Il dottor Krokowski non appena sa che Castorp è un uomo perfettamente sano e che non ha bisogno di nessuna cura né fisica né psichica, esprime immediatamente il suo desiderio di studiarlo: l’uomo è al centro di tutto. Soltanto lo studio attento del corpo e della psiche dell’uomo può portare a nuove scoperte, a nuove cure, a nuovi medicinali, a nuove tecnologie.

La medicina nell’antichità.

Questo studio è stato compiuto fin dall’antichità. La cosiddetta scienza alessandrina (fiorita a partire dalla fine del IV secolo a.C. fin verso il 200 d.C.) produce notevoli progressi nel campo medico: si rende per la prima volta possibile una ricerca medica non direttamente finalizzata alla cura, e ciò permette rapidi avanzamenti in anatomia e fisiologia. In realtà i medici alessandrini hanno l’eccezionale possibilità di fare esperienze uniche, mai eseguite sino ad allora. In particolare possono operare numerose dissezioni di cadaveri, messi a loro disposizione dai Tolomei. In Egitto, infatti, in cui è pratica comune l’imbalsamazione dei cadaveri, non vigono i pregiudizi di ordine religioso che, sia in Grecia sia a Roma, impongono il rispetto dell’integrità fisica dei defunti. Queste esperienze anatomiche degli Alessandrini costituiranno un “unicum” sino all’epoca moderna (XVI secolo), perché i cristiani torneranno a considerare con orrore la possibilità di un esame interno del corpo umano. Ciononostante, i progressi in campo anatomico sono solo parziali: non si riesce a individuare la specificità del sistema nervoso, al cui interno si continua a supporre che avvenga il passaggio del pneuma.

La fisiologia si avvale dei principi del meccanicismo materialistico, sia spiegando il sistema muscolare sulla base delle nozioni di spinta e attrazione, sia spiegando la circolazione dei fluidi (sangue, pneuma) sulla base del principio dell’horror vacui, secondo cui la natura tende in ogni caso a riempire gli spazi vuoti. Si riesce inoltre a risolvere l’antica questione che contrapponeva gli encefalocentristi, sostenitori della localizzazione nel cervello della attività mentali, ai cardiocentristi, tendenti ad individuare nel cuore l’organo centrale del corpo. L’anatomista Erofilo di Calcedonia (335-280 a.C.), attivo ad Alessandria nella prima metà del III secolo a.C., risolve il problema scoprendo la connessione tra cervello e sistema nervoso periferico.

La conquista di un sia pur embrionale sapere anatomico permette un salto di qualità nella teoria medica. Sino ad allora la medicina è stata quasi esclusivamente una pratica che oggi definiremmo clinica: il medico ippocratico lavora a stretto contatto con il paziente e la sua capacità di interpretarne i sintomi è esclusivamente basata sull’esperienza di casi analoghi conosciuti direttamente o attraverso la testimonianza di altri medici. Ora, invece, è disponibile un quadro teorico che per la prima volta permette di spiegare i processi che determinano le patologie. A sua volta, la comprensione di questi processi dinamici e interni al corpo presuppone una formazione intellettuale completa, sia scientifica sia filosofica. Contro questo indirizzo di studi reagiscono i cosiddetti “medici empirici”, che sostengono l’inutilità pratica di questa ricerca teorica e la necessità che il medico si basi sull’esperienza di casi concreti più che su incerte indagini fisiologiche. Il più celebre rappresentante di questo indirizzo è il medico e filosofo Sesto Empirico.

CLAUDIO GALENO
Nel II secolo d.C. la medicina antica raggiunge il massimo vertice con Claudio Galeno (129-200 d.C) medico personale di Marco Aurelio. Egli continua la ricerca anatomica inaugurata dagli Alessandrini: non avendo a disposizione cadaveri da anatomizzare, decide di sezionare animali (scimmie, in particolare, per la somiglianza del loro corpo con il corpo umano). Più che le numerose scoperte, va sottolineato lo sforzo compito da Galeno per qualificare dal punto di vista filosofico la scienza medica. La medicina, infatti, prevede competenze logiche, per poter svolgere il ragionamento che porta alla diagnosi, e competenze umanistiche, per poter interpretare correttamente fenomeni patologici in cui fisicità e spiritualità sono strettamente connesse. Galeno porta in medicina la tripartizione dell’anima operata da Platone: l’anima razionale coincide con il cervello, collegata al resto del corpo tramite il pneuma psichico circolante nel sistema nervoso e arterioso; l’anima emozionale ha sede nel cuore, cui fa capo il sistema circolatorio del pneuma vitale; infine, l’anima concupiscibile ha sede nel fegato, la cui funzione, secondo Galeno, è quella di fornire nutrimento all’organismo attraverso la produzione del sangue, che gli antichi pensavano si formasse per raffinazione del cibo. Inoltre, per Galeno, ogni organo è strutturato in funzione del suo compito specifico ed è quindi dotato della facoltà naturale di svolgere determinate operazioni.


La medicina nel Medioevo.


Dopo Galeno ci furono una moltitudine di medici che operarono nell'impero d'Occidente ma soprattutto in quello d'Oriente, con conseguente passaggio del sapere dall'Occidente all'Oriente. Col trasferimento del potere a Bisanzio, ci fu anche il trasferimento della cultura medica. In questa città vi furono medici famosi, tra i quali Paolo di Egina, che non fecero altro che ripetere quanto detto da Galeno e seguaci. Mentre nell'Oriente si sviluppò una società avanzatissima, basata soprattutto sul patrimonio antico, classico, in Occidente questo fu il periodo dell'oscurantismo e si ritornò alla medicina teurgica: siamo in pieno Medioevo.

Il Medioevo è anche l’epoca della nascita dei Monasteri, i centri culturali per eccellenza del periodo: sono i monaci ad aver salvaguardato la cultura. Essi si occupano anche di medicina, coltivando l'Orto dei Semplici, (Hortus simplicium), luogo destinato alla coltivazione e allo studio delle piante medicinali. «Semplici» venivano chiamati, nella terminologia medievale, i principi curativi che venivano ottenuti direttamente dalla natura, mentre «Compositi» erano i farmaci ottenuti miscelando e trattando sostanze diverse. I farmaci venivano sottoposti a vari trattamenti (essicazione, macerazione, ecc.) nel laboratorio, chiamato, con termine latino, officina. Per ciò le piante medicinali vengono chiamate ancor oggi anche «piante officinali».

ORTO DEI SEMPLICI

Nella pianta dell’abbazia di San Gallo, che è rappresentativa della comunità monastica ideale, espressione di un sistema produttivo basato sull’autosufficienza, possiamo individuare, nell'angolo in alto a destra, l’Hortus simplicium affiancato dalla “casa dei medici”.



Nel Basso Medioevo un’importante personalità, per quanto riguarda la medicina, è costituita da Guido da Vigevano, medico e ingegnere italiano vissuto tra il XIII e il XIV secolo. Egli utilizzava immagini per illustrare descrizioni anatomiche, mettendo in relazione gli studi anatomici con le illustrazioni artistiche. Nel suo libro “Anathomia” sono rappresentate sei tavole raffiguranti, per la prima volta, la dissezione della scatola cranica, con strutture e tecniche di neuroanatomia. Nella superficie del cervello raffigurato in una tavola si possono individuare le circonvoluzioni cerebrali e i ventricoli cerebrali. Viene così effettuato il primo studio delle strutture neuroanatomiche accompagnate da illustrazioni semplici e schematiche, che consentono a tutti di comprenderle nonostante la loro complessità. Le sei tavole rappresentano la testa, il cervello e la colonna vertebrale. Egli scrisse poi “Anathomia designata per figures”, un libro che includeva 24 tavole anatomiche. Le tavole costituiscono le primi immagini e descrizioni neuroanatomiche nella storia delle neuroscienze.


ALCUNE ILLUSTRAZIONI NEUROANATOMICHE
DI GUIDO DA VIGEVANO









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